
Scrive san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: «Faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo aver predicato agli altri, io stesso venga squalificato» (1 Cor 9,26-27).
Che avvenga tra le corde di un ring della boxe o all’interno della gabbia dei più attuali combattimenti di arti marziali misti, la lotta tra due combattenti è stata spesso occasione di racconto, sublimandosi in metafora di vita. Toro scatenato, di Martin Scorsese nel cinema, Sulla boxe, di Joyce Carol Oates, e Il lottatore, di Hemingway nella letteratura, costituiscono gli esempi più illustri di questo legame. Antonio Franchini ne Il vecchio lottatore ce ne fornisce una versione aggiornata, ambientata in Brasile, raccontando la vita di Aurelio Silva e dei compagni «fratelli» di palestra, intrecciandovi le vicende reali di Evan Tanner, lottatore MMA, morto tragicamente nel 2008 dopo essersi perso nel deserto. È il racconto eponimo del libro Il vecchio lottatore e altri racconti postemingueiani (Milano, NN editore, 2020).

Non solo il ring della lotta, ma anche la corrida spagnola, la pesca del Marlin a Cuba o quella delle trote Fario nei gelidi torrenti della Carnia friulana: l’autore ha composto una raccolta di 10 racconti che sono un tributo a Hemingway e ai topoi, geografici e letterari, della sua scrittura, da Addio alle armi a Il vecchio e il mare, I quarantanove racconti e Fiesta.
Il punto di vista è spesso quello di personaggi inoltrati nel cammino della vita o anziani che fanno i conti di quel che hanno vissuto, usando il medium di passioni estreme, raffinate, rarefatte: la lotta, la pesca, la corrida. In alcuni dei racconti prevale il piacere del cultore, che sfoggia l’innocente e inattingibile maniacalità che ha eletto quale misura delle scelte, dei sentimenti, delle alienazioni personali, quasi punta di fuga di una vita altrimenti anonima. In altri – che ci sembrano quelli più riusciti – il flusso del racconto prevale sulla riflessione.
Racconti postemingueiani, crediamo, in un duplice senso. Lo scrittore napoletano, classe 1958, sembra voler coinvolgere il lettore nella ricerca di come possa essere il mondo di Hemingway dopo Hemingway o forse, tout court, il mondo dopo Hemingway, chiedendosi, ci sembra, se sia possibile ancora raccontare il lato agonico della vita, in un mondo che si è fatto piccolo e sfibrato, svilendosi. Anche se non recentissima, questa raccolta merita un ricordo e di essere recuperata all’interesse dei lettori che l’avessero ignorata in occasione della sua uscita.