
Secondo film d’animazione targato Netflix per l’anno che si sta concludendo, secondo film con sfondo acquatico, ma con risultati ben diversi dal primo. La casa tra le onde, di Hiroyasu Ishida, segna anche l’inizio del legame raggiunto tra il colosso statunitense e lo Studio Colorido, casa giapponese di animazione (già nota per il successo di Miyo – Un amore felino); un film non solamente per bambini, sebbene la grafica e i protagonisti possano ingannare.
La separazione avviene nella nostra vita in diverse forme e in differenti momenti, segnando tappe del nostro vissuto e lasciando ferite più o meno profonde. Lo sa bene Natsume, la protagonista insieme all’amico d’infanzia Kosuke. Il legame con il nonno di lui, che l’aveva accettata come una nipote esattamente come Kosuke, viene infranto dalla morte dell’anziano. E viene infranto anche il legame con il grande compagno di avventure che, per immaturità o superficialità, la ferisce con le sue parole.
Natsume non può lasciare che il tempo eroda questi ricordi felici, come sta facendo la ditta di costruzioni, smantellando i vecchi edifici dove erano soliti passare il tempo. La trovano là i suoi amici, in cerca del fantasma che spaventa il cantiere e, tutti insieme, si ritrovano su quello stesso edificio cavalcando le onde dell’oceano. Troppo reale per essere un sogno, troppo assurdo per essere vero. L’oceano, il mare indistinto, fa affiorare pezzi del passato comune ai protagonisti, facendo vivere ai sette personaggi i difficili passi dell’età adulta: prevedere, scegliere, prendersi cura, assumersi le responsabilità, lasciare.
Solo l’esperienza davvero estrema e un misterioso personaggio, Noppo, fanno da guida; una modalità molto «analogica», come la macchina fotografica del nonno: nessun cellulare o mezzo digitale può rendere accettabili gli addii. Purtroppo neanche i genitori: chi lontano, chi assente.
Vengono esplorate tutte le emozioni possibili, dall’euforia alla noia, dalla paura allo stupore, tutto per contribuire a un lungometraggio in alcuni tratti assai elaborato e denso, in cui ciascuno può riflettere sui piccoli grandi strappi della propria vita, con la consapevolezza di bambino o di adulto. A cosa ci aggrappiamo per non sprofondare? Chi ci traghetta verso il futuro? Prima di ritrovarci trasportati da chissà quale forza a noi ignota, ripensiamo a chi o cosa è casa per noi, facendoci vincere non dalla nostalgia, ma dalla gratitudine.