
Shahida. Tracce di libertà è il nuovo progetto musicale, in continuazione con Yayla. Musiche ospitali, per il Centro Astalli (Servizio dei Gesuiti per i rifugiati) in collaborazione con l’Appaloosa records. Tre cd per oltre 30 canzoni, a cui hanno partecipato circa 100 musicisti, a indicare quanto sia importante sostenere i diritti di chi non li ha più.
Shahida è un nome di donna; in arabo vuol dire «testimone». È anche il nome della giocatrice della nazionale di hockey del Pakistan morta nel naufragio al largo di Steccato di Cutro, dove hanno perso la vita 94 persone, tra cui 35 bambini.
Il focus di questo lavoro, composto non solo da canzoni ma anche da testi recitati da Anna Foglietta, David Riondino, la poetessa dell’Amazzonia Ana Varela Tafur (citata anche da papa Francesco in Querida Amazonia), è la condizione femminile all’interno dei processi di migrazione.
Si è voluto sottolineare le difficoltà in cui le donne si imbattono nelle terre di origine da cui spesso sono costrette a scappare, come si può osservare dalle tante notizie drammatiche che provengono dall’Afghanistan o dall’Iran, per citare solo due esempi in cui anche i media pongono i riflettori. Ma non solo: questa condizione di precarietà e vulnerabilità prosegue durante i viaggi che intraprendono e anche successivamente in quel fragile e labile inserimento in una società, quella occidentale, che troppo spesso rimane ancorata a stereotipi e a condizionamenti culturali che ostacolano in maniera evidente l’emancipazione della donna, ancor più quando è straniera o immigrata.
Antonella Ruggiero reinterpreta il celebre brano di Battiato «Povera patria», insieme a Oleksandr Iarmola, per opporsi alla guerra in Ucraina, che continua a mietere vittime, tanti civili, troppo spesso donne e bambini. La musica, inoltre, entra nel carcere femminile di Pozzuoli, dove la cantautrice napoletana Marilena Vitale si mette in un dialogo musicale con una ragazza della Tanzania, che sta scontando una pena, per far sì che i muri delle carceri possano risuonare di speranza e di sogni nuovi. Michele Gazich, con il brano «Maltamè», fa risuonare il suo violino con il violoncello di Giovanna Famulari in una canzone dura che parte dalla sua famiglia, in cui il viaggio e la fuga sono stati elementi costitutivi.
La musica come una colomba deve continuare a volare per richiamare al rispetto, alla giustizia e alla solidarietà.