
Il mare, nel suo infinito movimento ancestrale, è l’orizzonte di senso dell’album di Luigi Esposito, pianista, compositore e arrangiatore napoletano per l’etichetta discografica indipendente Apogeo Records.
Musica che è capace di evocare, non solo di rappresentare, come si può notare dalla prima traccia che apre l’album: «Brezza». Qui il pianista crea, attraverso passaggi lenti, piani, capaci di indugiare quell’attimo prima di appoggiarsi sull’accordo, una brezza musicale, soffusa, suscitando il senso di un tenue vento che scompiglia i pensieri. Ma non è solo spensieratezza. Il suono del violoncello, di Davide Maria Viola, si introduce e conquista lo spazio sonoro: una voce in dialogo, profonda e malinconica, con quella del pianoforte. Questo dialogo sonoro è compreso attraverso i colpi, quasi espressionistici, della batteria di Emiliano Barrella, che crea una delimitazione, quasi fosse una cornice di un quadro, o il telo di un cinema, dentro il quale l’esistenza si articola nella sua dinamicità.
Portami a vedere il mare, infatti, è un cammino musicale intimo e interiore, come dice lo stesso compositore: «Portami a vedere il mare è una passeggiata sulla riva di un lungo periodo della mia vita. Questo disco racconta di me, del mio rapporto viscerale con il mare: vicino al mare non ci porti chiunque, ci porti chi sa ascoltare con te senza bisogno di parole».
Il brano «Nahual» coglie la dimensione più dinamica, forse tempestosa, del mare. L’incedere della batteria, suonata con i colpi di spazzole, non lascia tregua alle scale sonore prodotte dal piano. Le sospinge fino a quando non trovano un senso di pace, di compostezza che però è solo transitoria, come mostra il riprendere forza della musica, con l’aggiunta dell’intensa voce di Fabiana Martone, che sembra solcare le onde del mare verso rotte mediterranee e orientali.
Ogni traccia dell’album sembra costituire un tassello, un approdo di un viaggio esistenziale-musicale che rimanda sempre verso un oltre, un po’ più in là. Perché il mare rimane sempre luogo d’infinito e di possibile incontro. Dice Esposito che «stare davanti al mare è un po’ come suonare insieme ad altri musicisti: non lo si fa per se stessi ma per un’armonia generale, per la musica stessa. Si diventa un tramite e, come tale, è importante lasciarsi andare e lasciare andare».