
Ilaria Pilar Patassini pubblica un nuovo album, intitolato Terra senza terra: un lavoro complesso, alla ricerca di un suono permeato da sonorità inconsuete, rarefatte o decise, ispirate al jazz e alla musica popolare, con uno sguardo alla musica classica.
Questo è il mondo colto e personale della cantante romana, che vive tra la Sardegna e Roma, sempre in bilico tra la natura e la città, tra il sogno e la realtà. Terra senza terra, oltre a essere il titolo dell’album, è anche un brano musicale, che trasporta l’ascoltatore in un ambiente sonoro onirico. La traccia – con un inizio di accompagnamento minimale di due note ribattute al pianoforte – si apre, come uno squarcio di orizzonte, nel momento in cui entra la voce, precisa, calma e armoniosa. E la sonorità creata è proprio l’aria che vibra intorno, impalpabile, ma che permea il cosmo: L’aria al di là delle nuvole / è linea gassosa a filo orizzonte / oppure un limite indeciso / che a nulla pone rimedio / è limbo scaltro / e se ne lava le mani / è terra senza terra / e ha radici di vetro.
In bilico tra ciò che sembra e ciò che è, tra apparenza e realtà, la metafora dell’aria esprime in tutta la sua energia il senso del non definito, del non ancora vissuto. Il tempo verbale del condizionale esprime infatti il mondo della possibilità, «testimone dell’invisibile»: L’aria […] potrebbe entrarmi / tutta insieme nelle vene / e non arrivare mai a farmi / aprire le braccia / tenerle distese / volanti / trasparenti quanto basta. La realtà è sfuggente, così come l’essere umano, che sembra vivere in bilico, avendo il timore di aprire le braccia, con il rischio di essere ingannato da questa «bugiarda inabitata aria».
In una simile immersione apofatica, che cosa rimane? Tutto resta indefinito e senza contorni? La risposta, forse, è nell’ascolto: le note del pianoforte, suonato magistralmente da Roberto Tarenzi, inizialmente sono armonie soffuse, che con il procedere del brano diventano incisive e definite, immergendosi in sonorità jazz.
Anche la parola, nel disco, si fa suono, mostrandosi cristallina, potente, decisa e melodiosa: una parola che, se da una parte è sfuggente per il significato, dall’altra è scolpita come pietra, e chiede una risposta, una riflessione sulla forza del pensiero che continua a ricercare, anche nel tempo dell’indeterminatezza.