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Due millenni fa, qualche anno prima di Cristo, Giulio Cesare conquistò le Gallie. Benché egli presentasse quella guerra come un’azione difensiva di Roma, oggi si ritiene che sia stata una vera e propria guerra imperialistica. Ce lo ricordano la storia, con la resistenza di Vercingetorige, ma anche – imprevedibilmente – i personaggi della saga di Asterix, quanto mai vivi e conosciuti in tutto il mondo, e che oggi sono in lutto per la morte del loro padre, Albert Uderzo, all’età di 92 anni. Aveva origini italiane: il padre era un falegname veneto, emigrato in Francia negli anni Venti, e la madre era ligure.
Uderzo, grande fumettista e disegnatore, è stato, insieme all’amico sceneggiatore René Goscinny, l’inventore di Asterix e Obelix. Chi non li ricorda? Chi può dimenticare il fascino delle loro storie? Chi è riuscito a staccarsi da una delle loro avventure prima di arrivare alla fine?
I loro album sono 38 e sono stati tradotti in 111 tra lingue e dialetti (perfino in latino e in esperanto), e hanno venduto circa di 370 milioni di copie.
Vanno aggiunti 10 film di animazione, quasi tutti su sceneggiatura degli autori e quattro film con attori famosi (Roberto Benigni, Gérard Depardieu, Monica Bellucci, Catherine Deneuve, Laetitia Casta).
Una storia che esprime la coscienza di una nazione
Asterix è un guerriero piccolo di statura, ma astuto e coraggioso, difensore dell’unico villaggio che resiste all’Impero romano, e sempre pronto a sbeffeggiare i Romani. Il suo amico fedele e compagno di avventure è Obelix, un corputo gigante, accompagnato dal suo menhir, e poi da Idefix, il cagnolino scodinzolante, di razza ignota, anche lui aggressivo nei confronti dei soldati romani. Intorno a loro ruota il mondo del villaggio.
Gli album di Uderzo e Goscinny sono geniali, ma sono soprattutto utili per capire non solo il lontano passato delle Gallie, ma anche la Francia d’oggi e la sua storia: una storia «buffa», perché esprime la coscienza di una nazione colonizzatrice che ha un profondo bisogno di cancellare il ricordo di essere stata a suo tempo colonizzata. Un tempo antico che coincide con le origini della storia dei Galli.
I due autori esprimono dunque un sentimento comune, che viene coltivato da ogni buon francese, e che però è confessato esaurientemente solo attraverso l’ironia paradossale di un fumetto che sembra scritto per ragazzi, ma affascina anche gli adulti.
Ora, nel mondo non si è mai visto nulla di simile a questi Galli: un po’ barbari, e molto inconsapevoli della loro barbarie, spiritualmente sani, coraggiosi fino a ignorare letteralmente che cosa sia la paura, e poi simpaticissimi. La loro presenza si staglia sullo squallido mondo della pax romana[1], ma è soprattutto il segno e la quintessenza della bellezza di tutti i profumi della foresta: una foresta più ricca di cinghiali di quanto lo sia oggi a Compiègne o Chantilly, ma completamente serena e pacifica, e libera da ogni bruttura.
Ripercorrere alcuni dei migliori episodi della saga aiuta a scoprire l’indole dei francesi e quel loro risentimento profondo verso i Romani.
I primi album
Il primo fumetto, pubblicato nel 1959, è Asterix il gallico[2], che raggiunge una tiratura di 6.000 esemplari alla prima edizione. Dopo aver espugnato tutta la Gallia, Giulio Cesare si trova di fronte a un villaggio che non riesce a conquistare: quello appunto di Asterix, Obelix e i loro amici. Dopo ripetuti tentativi falliti, Cesare è costretto ad ammettere e a rispettare la superiorità del piccolo guerriero gallico e la forza dei combattenti, resa invincibile dalla pozione preparata dal druido Panoramix. Un soldato romano riesce a rapire il mago per estorcergli il prezioso segreto, ma il druido viene presto liberato.
Il fumetto è stato tradotto in italiano da Marcello Marchesi, scrittore e regista, che ha saputo dare una buona interpretazione e, in qualche punto, un migliore sapore all’originale. Asterix il gallico rappresenta gli esordi della lunga esistenza di un fumetto fortunato che ha celebrato lo scorso anno i sessant’anni di vita[3]. Di solito le origini si distinguono per alcune caratteristiche uniche: c’è qui una misura, una discrezione, un equilibrio, che in seguito andranno persi. Certe situazioni non sono scontate, e quindi sono originali, ma poi vengono riprese meccanicamente. In chi inventa accade che la ripetitività diventi imitazione di sé e replica di sé, e modelli l’autore a immagine del proprio prodotto, brillante e annoiato, e spesso anche strampalato.
Qualche anno dopo, nel 1963, appare Asterix e i Goti[4], con una prima tiratura di 40.000 copie. Durante una riunione segreta di druidi della foresta, Panoramix viene rapito da una tribù di Goti (cioè dai Germani). Anche loro vogliono carpire il segreto della pozione magica. Asterix e Obelix lo liberano, seminando lo scompiglio fra i Goti, proprio grazie alla pozione.
Il racconto ha una trovata davvero umoristica – per il tono più che per l’idea – nella figura di un onesto falegname gotico. Questi monta di nuovo diligentemente la porta della prigione ogni volta che viene scardinata, ed esplode di indignazione, non per il fatto che una guardina venga forzata e spalancata a ogni momento da chi vi è dentro, ma per la mancanza di rispetto verso il suo lavoro e la sua fatica! Per il resto è una storia semplice, come per lo più lo sono le vicende di Asterix.
L’album, pubblicato in Italia da Mondadori nel 1969, ha un’interessante presentazione di Marcello Marchesi: scritta senza impegno, come accade a chi si è dato all’«umorismo totale», ma con buon mestiere e con notevole verità, pur tra sberleffi e travestimenti. A Marchesi si deve la geniale trovata di tradurre la sigla romana SPQR in «Sono Pazzi Questi Romani»[5]: un chiaro segno di compassione per le assurdità compiute dalle truppe di Cesare nelle Gallie.
La psicologia dei personaggi
Sempre del 1969 è Asterix e il paiolo[6], uno degli album in cui risalta di più lo studio della psicologia dei personaggi.
La storia riguarda un’astuzia per non pagare le tasse ai Romani. Famoso per coraggio e onestà, Asterix viene incaricato da Moralélastix, un capo avaro e infido di un vicino villaggio costiero, di custodire un paiolo pieno di sesterzi per nasconderlo al fisco degli invasori.
Al mattino seguente, l’imprevisto: il paiolo è vuoto, i sesterzi sono scomparsi. Asterix viene bandito finché non avrà riparato il danno. Insieme con Obelix e il cane Idefix, i tre si danno da fare per guadagnare qualcosa. I goffi tentativi implicano un disastroso commercio di cinghiali, un monotono combattimento con i gladiatori, un lavoro da attori in una malmessa compagnia di teatro, perfino una rapina in «banca», che era senza denaro.
Purtroppo guadagnarsi il pane non è il loro forte. Mentre tornano delusi al villaggio, incontrano l’esattore romano e, dopo una colluttazione, gli rubano l’incasso. Qui si scopre l’inghippo: i sesterzi odorano di cipolla… Erano quelli rubati dal paiolo. Di notte, Moralélastix (cioè dalla morale elastica) li aveva fatti rapinare per pagare i Romani. L’onore è ristabilito, ma con un seguito drammatico: quando il Gallo si vede scoperto, ingaggia una lotta impari con Asterix, ma viene catturato. Nella lotta, il paiolo con i sesterzi va a finire in mare…
Lieto fine, ma rimane il cruccio di Obelix, turbato dal fatto che uno preferisca un paiolo pieno di sesterzi a uno colmo di zuppa di cipolle.
L’album si distingue dai precedenti perché scava nella psicologia dei personaggi, senza escludere quella del fedele cagnolino Idefix.
Asterix legionario e le avventure con i Britanni
Una storia non sempre ben riuscita è quella di Asterix legionario[7]. Certamente felice è lo spunto marginale che si svolge tra gli anacronismi del gruppo di volontari, o involontari, arruolati da Cesare in Gallia per la guerra civile in Africa. Anche qui si sente il contributo di Marcello Marchesi, sobrio e pieno di finezza. Ma nonostante qualche sfumatura di contorno, la vicenda è più ripetitiva e più arbitraria di quanto ci si sarebbe aspettato: anche perché il colore, in queste favole fantapolitiche, non è puro commento[8]. Lo si nota quando non c’è più, perché nel colore c’è quel tanto di sguardo obiettivo e sereno che la vicenda, troppo corrucciata dal risentimento nazionalistico, non sa conservare nel racconto. Si ha spesso l’impressione di situazioni suggerite e svolte senza vera fantasia, di fatto quasi incompiute, rimaste allo stato di intenzione: come quella di scrivere, con mano leggerissima e con vera libertà inventiva, di Obelix innamorato. O quella, aperta a tanti casi diversi, di due patrioti galli che decidono di partecipare alla guerra civile tra i Romani. Le idee rimangono abbozzi e gli episodi si appesantiscono senza prendere consistenza.
Ben riuscito invece è il fumetto Asterix e i Britanni[9]. Questa volta sono di scena i Britanni, i loro costumi di 2000 anni fa e di oggi, il loro modo di sentire e di esprimersi, perfino con calchi linguistici dall’inglese. La nota comica si regge, e bene, nel gioco degli anacronismi: il tè delle cinque, il rugby, la flemma anglosassone, la cucina inglese gustata (poco) dai Galli, e così via. Il piccolo guerriero Asterix assomiglia un po’ a de Gaulle, e fa risaltare l’assunto storico per il quale si rigenera l’immagine stessa della storia attraverso quel gioco di contaminazioni: un assunto politico, che tuttavia appare sproporzionato all’esiguità del mezzo.
Più che la vena umoristica, conta qui una certa pertinacia fisiologica – garantita e promossa dal successo commerciale del fumetto, con una prima tiratura di 600 mila copie – di andare avanti a ogni costo e dissodare via via, con la ripetitiva sistematicità dei lavori stagionali, un nuovo tratto di foresta. Il testo è ben manovrato, ma non si sa se da Goscinny o dal traduttore, che qui è Carlo Manzoni. La spedizione in Britannia, come tutti i momenti propriamente politici di queste avventure, è invece una cosa piuttosto povera.
Asterix gladiatore e perfino «americano»
La storia Asterix gladiatore viene pubblicata la prima volta in bianco e nero; e, incredibilmente, perde il suo significato[10]. Il disegno decade, la pagina diventa poco attraente. E il testo appare per quello che è: un racconto arbitrario e insapore, un intreccio casuale e discontinuo. Qui la traduzione non aggiunge nulla e non migliora il testo.
Il ruolo di primo piano è svolto da Assurancetourix, il poeta epico del villaggio, che prende il nome da assurance tous-risques, ossia l’«assicurazione contro tutti i rischi». Il personaggio è convinto di essere un grande artista, anche se nessuno lo crede, e i più trovano le sue composizioni piuttosto sgradevoli. Eppure risulta simpatico, purché non canti! Nel fumetto Assurancetourix ha il suo momento di gloria: la vicenda è ambientata a Roma e il protagonista viene rapito. Dalla prigione in cui è rinchiuso, con il suo canto fa scappare le belve che dovevano divorarlo. Qui la fantasia di Goscinny obbedisce a un patriottismo di riporto che non consente solidarietà o simpatia nei confronti dell’avversario.
Il titolo originale di Asterix in America[11]è La grande traversée e risale al 1975: si tratta di uno dei più grandi viaggi compiuti da Asterix e Obelix, i quali, per cercare un pesce necessario a Panoramix per una pozione, colpiti da una tempesta, senza saperlo giungono nel Nuovo mondo, 1500 anni prima di Cristoforo Colombo. Il confronto con gli autoctoni genera diversi problemi, finché, per sfuggire al matrimonio con la figlia del capotribù, riescono a scappare, imbarcandosi su una nave di Vichinghi. Ma giunti a destinazione il capitano li vuole sacrificare agli dèi. Dopo un ultimo parapiglia riescono a prendere il largo su una barca e finalmente a trovare il pesce necessario per il mago.
Questo prolungamento in episodi ricorda lo sforzo con cui si è voluto dare un seguito a Robinson Crusoe o al barone di Münchausen. La vena si esaurisce, e le variazioni si moltiplicano un po’ sbadatamente. In compenso, il buon risultato del fumetto (nella pagina dopo il frontespizio si enumerano ben 25 versioni in varie lingue) ha ridotto di molto il significato patriottico del racconto e dei suoi protagonisti. Quando Asterix e Obelix trattano con gli indigeni del Nord America o con i pirati vichinghi, c’è poca occasione per rivendicare i rancori contro l’Impero romano.
Asterix, il protagonista?
Con i loro fumetti Uderzo e Goscinny hanno saputo creare una certa immagine della Francia, una parafrasi della testardaggine nazionale per conservare la propria originalità e non piegarsi alla prepotenza degli antichi invasori, ma anche di quella propensione a sentirsi migliori e diversi dagli altri.
In realtà, se si guarda il fumetto per quello che è, Asterix, il protagonista, è la «spalla» del vero personaggio di punta che è l’altro, Obelix, che ha il candore irriflessivo di uno che vive nella pura fantasia. Asterix invece è il tentativo di mediare il gioco arbitrario della fantasia con la realtà storica: la storia di oggi, ovviamente, benché rivista attraverso i risentimenti del passato. Per l’indole ottimista dei francesi, che guardano con infinito orrore alle aggressioni tedesche del XX secolo, ma rievocano con tenerezza le imprese di Luigi XIV e di Napoleone, gli antichi Romani erano invasori sanguinari e codardi, meritevoli di un disprezzo risentito e rabbioso, che nasce dal fondo del cuore e che l’umorismo non alleggerisce affatto, sebbene tenti di coprirlo. Eppure ai Romani essi debbono tanta parte della loro identità civile e culturale.
Uno degli ultimi album apparso nel 2017 – questa volta ideato e scritto dagli epigoni di Uderzo per portare avanti le avventure dei Galli – reca il titolo Asterix e la corsa d’Italia[12]. La gara di cui parla si svolge non con le biciclette, ma con le bighe, e attraverserà la Penisola per provare le meravigliose strade italiche, in realtà piene di buche e piuttosto mal conservate. Possono partecipare alla corsa tutti i popoli d’Europa, e vi appaiono, oltre ai nostri eroi, anche i personaggi della storia attuale. La gara consiste nella sfida a un noto corridore romano, il cui nome, che tre anni fa era passato inosservato, è Coronavirus.
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«ASTERIX» IN MOURNING
The death of Albert Uderzo, the great cartoonist with René Goscinny, reminds us of his heroes: Asterix, Obelix, the little dog Idefix, and their rebellion against Julius Caesar. The conquest of Gaul was not a defensive action, as he wrote, but a real imperialist war. This is testified by the resistance of Vercingetorix, but also by the saga of Asterix, now known throughout the world. His cartoons are translated into 111 languages, and about 370 million copies have been sold. The adventures portray the French character, who want to preserve their originality and do not bow to the arrogance of invaders, and also reveal the tendency of these people to feel better and different from others.
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[1] Tacito, nell’Agricola, per bocca del re dei Caledoni, Calgaco, definì così la pax romana: «Hanno fatto il deserto e lo chiamano pace».
[2] R. Goscinny – A. Uderzo, Asterix il gallico, Milano, Mondadori, 1976 (or. 1959).
[3] Per l’occasione la zecca di Parigi ha battuto una moneta da due euro che sul retro aveva Asterix con baffi e nasone.
[4] R. Goscinny – A. Uderzo, Asterix e i Goti, Milano, Mondadori, 1969 (or. 1963).
[5] La frase originale era «Ils sont fous, ces Romains!», ma in francese non c’è l’acrostico, cioè la concordanza con le iniziali.
[6] R. Goscinny – A. Uderzo, Asterix e il paiolo, Milano, Mondadori, 1970 (or. 1969).
[7] Idd., Asterix legionario, ivi, 1976 (or. 1967).
[8] L’importanza dei colori negli album va sottolineata anche per un’altra ragione: Uderzo era daltonico e non distingueva il verde dal rosso. Soprattutto dopo la morte dell’amico Goschinny, avvenuta nel 1977, lo ha aiutato nella coloritura delle storie il fratello Marcel.
[9] R. Goscinny – A. Uderzo, Asterix e i Britanni, Milano, Mondadori, 1977 (or. 1966).
[10] Idd., Asterix gladiatore, ivi, 1977 (or. 1964).
[11] Idd., Asterix in America, ivi, 1976 (or. La grande traversée, 1975).
[12] Idd., Asterix e la corsa d’Italia, Modena, Panini, 2017.