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ABSTRACT – Ispirato all’omonimo libro autobiografico di Massimo Gramellini, il film Fai bei sogni di Marco Bellocchio ripercorre la storia di un bambino, e poi di un adulto, che impara ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso, il timore di vivere.
Due mondi si confrontano in questo film: uno grande e uno piccolo. Macrocosmo e microcosmo. Il microcosmo coincide con l’appartamento di una famiglia della media borghesia, una casa che è un luogo chiave della vicenda e nella sceneggiatura. La scenografia dell’appartamento mostra una struttura a forma di scatola, con la capacità di saltare da un tempo a un altro, di mescolare i momenti diversi, di passare dal sogno alla realtà e viceversa.
Massimo è un bambino che ha difficoltà a diventare uomo. Le bugie con le quali gli adulti hanno circondato la morte della sua mamma non lo aiutano a confrontarsi con la realtà, a misurarsi con le sue inevitabili asprezze. Ci metterà quarant’anni a venirne fuori, ma alla fine ce la farà. Nell’accompagnare la crescita di un giovane, la verità va salvaguardata a ogni costo. Ma, quando la medicina si fa troppo amara, la si può addolcire con un pizzico di poesia.
Bellocchio afferma che questa storia vera lo ha coinvolto perché vi ha trovato tanti temi che ha affrontato spesso nei suoi film precedenti: la famiglia, la mamma, il babbo, la casa, vista in epoche diverse, nell’arco di quarant’anni almeno, durante i quali l’Italia cambia radicalmente. È esplicito il riferimento a I pugni in tasca, che è stato colto anche dai critici più attenti quando il film è stato presentato fuori concorso al festival di Cannes 2016.