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Pochi hanno saputo rintracciare le radici della nostra perdita di fede contemporanea come ha fatto Charles Taylor nella sua importante opera L’età secolare. Il filosofo canadese fa risalire l’avvio di tale processo alla Riforma, che, esaltando la fede individuale e svalutando i sacramenti, il sacerdozio e il sacro, ha abolito il cosmo incantato medievale, giungendo nel tempo alla creazione di una fede umanistica alternativa.
Ponendo l’accento sulla «sola fede» e sulla «sola Scrittura», i riformatori hanno contribuito a quella separazione della fede dalla ragione che la modernità avrebbe radicalizzato all’estremo. L’Illuminismo ha accelerato questo processo, soppiantando la rivelazione con una ragione autonoma, e la rivoluzione scientifica ha poi fatto del metodo scientifico la via esclusiva per la verità.
A tali cambiamenti religiosi e culturali ha fatto seguito una modernità sempre più secolare, che influenza il modo in cui viviamo oggi la spiritualità e, in particolare, la pratica degli Esercizi spirituali.
Il contesto
Taylor sostiene che la sostituzione del cristianesimo storico con il deismo, operata dall’Illuminismo, può essere vista come uno «stadio intermedio» verso l’ateismo contemporaneo. Dio non era più un Dio personale, un soggetto che interagiva nella storia con gli esseri umani e con l’ordine creato, ma un architetto cosmico impersonale. L’universo era governato da leggi naturali immutabili, e quindi sotto il dominio di una scienza secolare. Le rivelazioni non erano più necessarie.
Enfatizzando l’osservazione e la dimostrazione empirica, la rivoluzione scientifica tendeva a escludere una fede trascendente. Con la perdita del senso del trascendente, e quindi del divino, e con il progressivo distacco dalle autorità religiose tradizionali, la spiritualità si è sempre più focalizzata sull’individuo e sui sentimenti personali. La religione è stata respinta in quanto realtà istituzionale.
La fiducia illimitata della modernità nella ragione e nella sua attitudine a migliorare costantemente le nostre esistenze avrebbe condotto a quella reazione che chiamiamo «postmodernismo»…