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ABSTRACT – È tornato a Recanati, proveniente dal vicino comune di Visso, l’autografo de L’Infinito di Giacomo Leopardi. Cominciano così le celebrazioni per il bicentenario della stesura del celebre idillio: pubblicazioni, conferenze, spettacoli, mostre espositive. È uno dei 5 idilli (oltre a L’Infinito, ci sono La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria) che sono nati nel 1819 dalla commozione sperimentata dal poeta del sentirsi solo con se stesso in uno stato di isolato raccoglimento. Per giudizio concorde di critici e lettori, costituiscono uno dei momenti più felici della poesia leopardiana.
La consuetudine meditativa e contemplativa, la costante corrispondenza tra l’anima del poeta e la natura fanno di questi testi l’espressione di una vicenda spirituale trascritta con mirabile sincerità. Quanto di intellettualistico e culturale era presente nei versi giovanili, e si ritroverà nei canti ultimi, quanto di angoscia e disperazione derivante dalla consapevolezza dell’infelicità propria e di tutti gli uomini domina largamente l’opera leopardiana, si risolve negli idilli in ritmi e immagini e sentimenti di grande purezza.
In questo idillio Leopardi immagina la distesa dello spazio senza fine e poi il sopraggiungere della voce del vento, che gli fa percepire l’idea dello scorrere del tempo. Dunque, anche la vita umana e il suo dolore dilegueranno. E da questo pensiero dell’oblio e della morte nasce una certa dolcezza: «e il naufragar m’è dolce in questo mare». Sempre interessante è l’interpretazione che dell’idillio diede Francesco De Sanctis, per il quale il testo leopardiano è una contemplazione che ha la sua sede nello spirito pensoso e concentrato del poeta.
Desta curiosità anche il confronto tra le interpretazioni sul carattere religioso de L’Infinito date da alcuni critici e, in particolare, dai due cattolici Carlo Bo e Divo Barsotti. La valutazione di Bo è alquanto cruda. A suo parere, la posizione del poeta recanatese non è religiosa. Barsotti pensa che Leopardi sia stato un cristiano che non sa credere in Dio.
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THE BICENTENARY OF LEOPARDI’S «THE INFINITE»
This year marks the bicentenary of the writing of Giacomo Leopardi’s famous composition The Infinite. It is one of the five idyls born from the emotion experienced by the poet of feeling alone with himself in a state of isolated recollection. In this idyll Leopardi imagines the expanse of space without end and then the arrival of the voice of the wind, which makes him perceive the idea of the passage of time. Therefore, human life and its pain will also disappear. And from this thought of oblivion and death a certain sweetness is born: «And it is sweet to shipwreck in such a sea». This article presents the interpretations of The Infinite given by some critics and, in particular, by Carlo Bo and Divo Barsotti.