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ABSTRACT – Negli ultimi decenni vari studiosi cristiani hanno scritto molto sull’azione salvifica di Cristo riguardo ai seguaci di altre religioni, ma non hanno completato le loro riflessioni inserendovi il sacerdozio di Cristo. Quanto arricchimento potrebbe trarre la teologia delle religioni dalla riflessione sul sacerdozio di Cristo?
Per dare una risposta a questo interrogativo si deve guardare al Concilio Vaticano II. Quanti si occupano dei rapporti tra il cristianesimo e le altre religioni non hanno tenuto conto del fatto che un’immagine usata dalla Costituzione del Concilio Vaticano II sulla sacra liturgia, la Sacrosanctum Concilium (SC), è molto rilevante per la loro area di specializzazione. La Costituzione cita un passo dell’Enciclica di Pio XII sul culto liturgico, Mediator Dei (1947), sostituendo significativamente «il Verbo di Dio» con «Cristo Gesù, il sommo sacerdote della nuova ed eterna alleanza».
Il linguaggio adottato evoca la dottrina sul sacerdozio di Cristo come viene sviluppata dalla Lettera agli Ebrei, che l’altro importante riferimento in questa ricerca teologica: «Cristo Gesù, il sommo sacerdote della nuova ed eterna alleanza, prendendo la natura umana, ha introdotto in questo esilio terrestre quell’inno che viene eternamente cantato nelle dimore celesti. Egli unisce a sé tutta l’umanità e se l’associa nell’elevare questo divino canto di lode» (SC 83).
Sulla base di quella pietra miliare che è Melchisedek, l’autore della Lettera agli Ebrei sostiene che Cristo, in quanto è «sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchisedek», è superiore a qualsiasi sommo sacerdote levitico. Egli «possiede un sacerdozio che non tramonta» ed «è sempre vivo per intercedere» per quelli che «per mezzo di lui si avvicinano a Dio» (Eb 7,24-25). Cristo non soltanto è un sacerdote per tutti, ma per sempre. Il suo sacerdozio viene esercitato per tutte le persone e per tutti i tempi.
Altre testimonianze vengono espresse in modo equivalente in Paolo e nel Vangelo di Giovanni. Paolo per esempio afferma di Cristo risorto che «intercede per noi» stando alla destra di Dio (Rm 8,34). Pur senza applicare a lui il titolo di «sacerdote». E il «noi» per i quali Cristo intercede include tutti, come hanno chiarito i precedenti capitoli della Lettera ai Romani. Giovanni non chiama mai esplicitamente Gesù «sacerdote». Tuttavia, soprattutto attraverso il motivo della sostituzione, il suo Vangelo ci fa intravedere aspetti del sacerdozio di Gesù.
Queste testimonianze sul sacerdozio di Cristo dovrebbero entrare a pieno titolo nella teologia delle religioni. Ciò rielaborerebbe la teologia delle religioni in una nuova forma e contribuirebbe a trasformare questa disciplina in una più ricca cristologia delle religioni.
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THE PRIESTHOOD OF CHRIST AND OTHER RELIGIONS
This article presents the teachings of Vatican II, and of the New Testament. Together, they illustrate the priesthood of Christ and its importance for the salvation of all human beings. Some of these testimonies are explicit (Sacrosanctum Concilium and Letter to the Hebrews); others are expressed in a similar way (Paul and John). It is hoped that this testimony on the priesthood of Christ will fully enter into the theology of religions, refounding it on new foundations and transforming it into a richer Christology of religions.