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Una sproporzione significativa
Prima di trattare le singole virtù cardinali, chi scrive ha avuto modo di affrontare il tema dei vizi capitali: in quelle occasioni si è notata la grande ripresa e attualità delle tematiche, soprattutto in sede di scienze umane, filosofia, arte, letteratura, spiritualità.
Tale molteplicità di approcci è un indice della ricchezza e complessità delle azioni umane, indispensabile per comprenderne la gravità delle derive, ma soprattutto il bene in essi cercato, anche se in maniera inadeguata. La varietà di situazioni mostrate in ciascuno di essi poteva infatti essere considerata una vera enciclopedia delle azioni umane.
Tuttavia, alla fine di quel percorso articolato, restava la domanda di fondo: come individuare quel bene inseguito invano da quei molteplici, e per molti versi affascinanti, tentativi? Questo era, in altre parole, l’interrogativo sulla virtù, la capacità di riconoscere e attuare il bene proprio dell’uomo, che può dare gusto e pienezza alla sua vita. Il discorso, però, a questo punto si presentava molto differente.
Se la tematica del vizio affascina, purtroppo non si può dire lo stesso per il tema, a esso speculare, delle virtù cardinali, delle virtù propriamente etiche, che rendono migliore colui che le pratica. La trattazione più ampia rimane quella condotta da san Tommaso, che riprende e integra in prospettiva teologica le analisi di Aristotele.
Anche alcuni scritti pregevoli comparsi nel corso degli ultimi decenni sono di fatto un commento al testo di Tommaso. Il numero dei testi italiani, oltre a (brevi) voci di dizionari ed enciclopedie, non supera le dita di una mano. I motivi di tale scarsità possono essere molteplici. Uno, che non riguarda solo il presente tema, è che il bene non fa notizia, non sembra essere spendibile, specialmente in sede pubblicistica.
Ma ce ne sono altri, più rilevanti.
Il trattato sulle virtù cardinali poggia su due grandi colonne, che reggono l’edificio del pensiero etico: il fine e le passioni…