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Quando apparve la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati,
non per opere giuste da noi compiute,
ma per la sua misericordia,
con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo (Tt 3,4-5).ABSTRACT – Alla fine della Lettera a Tito si trova un inno che faceva parte di una liturgia battesimale, dato il rinvio all’acqua di rigenerazione e alla rinascita nello Spirito. L’inno, nella sua semplicità, è un annuncio di gioia, perché il Salvatore ha realizzato la nostra salvezza. Esso invita a contemplare il mistero del Natale come bontà e amore (philanthrōpia) di Dio.
Il testo ha una profondità che ha ispirato al traduttore della Vulgata del Nuovo Testamento greco un’originale versione del passo, che non può non meravigliare. Con un’intuizione geniale, san Girolamo rende l’espressione greca filantropia di Dio con humanitas Dei, un bisticcio concettuale – quasi un ossimoro – che crea un effetto straniante. È singolare che per descrivere la benevolenza, l’amabilità, l’affabilità di Dio, non se ne connoti la divinità, ma… l’umanità. Quasi a dire: il nostro Dio, il Dio di Gesù, è «umano».
Dio è «umano»: una verità a cui poco si pensa, a cui non si presta attenzione, a cui ci si riferisce raramente. E tuttavia è lì il centro della rivelazione del Natale: l’incarnazione, il farsi uomo da parte di un Dio che è onnipotente proprio perché – come proclama la liturgia in una preghiera della Messa (la Colletta della XXVI Domenica tra l’anno) – rivela la sua onnipotenza nella misericordia.
Dio è onnipotente perché si dona a noi e ci perdona (Gal 2,20), perché accoglie il povero (Mt 5,3; Lc 6,20), perché ricerca lo smarrito (Lc 15,4.8), perché abbraccia il peccatore (Lc 15,20), perché corregge e perdona il colpevole (Lc 7,40-48), perché accoglie l’adultera (Gv 8,3-11), perché si riconcilia con chi lo ha tradito e rinnegato (Mc 14,66-72 e paralleli), perché è sempre fedele, anche quando noi non gli siamo fedeli (2 Tm 2,13).
Nel Natale, l’«umano» di Dio prende forma di carne e sangue e diventa uno di noi, facendosi Eucaristia.
San Francesco coglie il mistero eucaristico del Natale e lo rappresenta nel presepe di Greccio: la mangiatoia diviene l’altare dove si celebra la Messa della Natività, l’unica liturgia in cui rivivono insieme la nascita di Gesù, la sua morte e risurrezione: il mistero di fede che è la nostra salvezza.
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THE HUMANITY OF GOD: CHRISTMAS
The Letter to Titus invites us to contemplate the mystery of Christmas as God’s goodness and love (philanthrōpia). The Vulgate translates the latter term in a brilliant way: God’s love becomes the humanitas Dei. To describe God’s benevolence it connotes his humanity, not his divinity. Almost as if to say: our God, the God of Jesus, is “human.” At Christmas, the “human” of God manifests itself in flesh and blood and becomes one of us, in the form of the Eucharist. Saint Francis captures the Christmas Eucharistic mystery and represents it in the Greccio nativity: the manger becomes the altar where the Gospel is proclaimed and we celebrate the mystery of Jesus who was born, who dies and who rises for us.