
Nel 2021 si celebra il bicentenario della nascita di Fëdor Michàjlovič Dostoevskij (1821-1881). La sua figura ha qualcosa di unico nel panorama della letteratura mondiale. Per questo la nostra rivista se n’è occupata in varie occasioni. Con il presente volume vogliamo raccogliere le riflessioni che gli scrittori de La Civiltà Cattolica hanno elaborato nel tempo, in particolare il p. Ferdinando Castelli, costantemente mosso dalla passione di rintracciare il volto di Cristo negli autori moderni e contemporanei.
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Dostoevskij colpisce per la sua attualità, la densità e profondità di pensiero, la sua potenza profetica. Leggere le sue pagine significa anche studiare il nostro tempo in ciò che ha di più enigmatico e drammatico: questo è il «basso continuo» di queste pagine. Ma il tema di interesse costante è certamente la fede dello scrittore russo.
Il Cristo di Dostoevskij è soltanto un uomo – sia pure sublime e unico – o è anche e soprattutto il Figlio di Dio incarnato? L’interrogativo è fondamentale per la comprensione del mondo poetico di Dostoevskij ed è il primo che il presente volume affronta, concludendo a favore di una chiara divinità del Cristo nelle sue pagine.
Ma in quale luce particolare egli vede il Cristo? Analizzando la Leggenda del Grande Inquisitore – la vetta dell’opera di Dostoevskij, il coronamento della sua dialettica delle idee – si può dare una prima risposta: Cristo è l’assertore della libertà interiore, mediante la quale l’uomo può incontrare la pace, la gioia del vivere, la fratellanza. Egli non elimina la sofferenza, ma l’assume per trasfigurarla in dono d’amore e di redenzione. Soltanto coloro che seguono Cristo in questa libertà d’amore – come lo starec Zosima – riescono a superare l’assurdo della sofferenza e a vivere in pienezza di gioia.
E se si rifiuta Cristo? Allora bisogna organizzare il formicaio, per non cadere nell’anarchia. Come, non importa. Se non c’è Dio, l’uomo è un assoluto, dunque legge. Lo scrittore russo dimostra le conseguenze paurose del rifiuto di Cristo, in sfondi densi di tragedia e di profetismo. È necessario illustrare alcuni di questi sfondi per concludere con Dostoevskij che se il mondo non è salvato da Cristo è travolto da un principio opposto, cioè dall’annientamento della libertà, dalle pietre trasformate in pane. O Cristo, o l’anticristo.
La nostra rivista ha sempre ragionato su come Dostoevskij ponesse in modo molto radicale la questione di Dio, a partire dalle esperienze russe. Si tratta di una chiave di lettura che – come tutta la sua opera – interroga l’oggi e pone domande di sempre. Ad esempio: perché non si crede? perché si perde la fede? A tali interrogativi rispondeva Dostoevskij scrivendo a una studentessa che, appunto, era diventata atea. La risposta del grande scrittore è sostanzialmente esatta, puntuale e chiara: non si crede perché si ha la mente ottenebrata e il cuore appesantito dal peccato. La fede fiorisce sull’umiltà della mente e sull’apertura dell’anima alla grazia.
E il male? Dostoevskij vede l’abisso più profondo del male non nel criminale in quanto tale, ma nel cuore freddo. Con l’esempio della loro misericordia, molti dei suoi personaggi aiutano gli «infelici» a toccare il loro animo, arricchendolo. È questo il caso del «generale» nel romanzo L’idiota. In lui si riconosce la persona storica del medico tedesco Joseph Haass, ancora oggi oggetto di venerazione in Russia.
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Un lettore eccellente dello scrittore russo è certamente papa Francesco: il suo pensiero si è formato progressivamente – insieme agli studi accademici – per mezzo della lettura e della riflessione personale su Dostoevskij, grazie alla mediazione del pensiero di Romano Guardini sul suo «mondo religioso». La categoria «mitica» di popolo acquista un posto principale nello scritto di Guardini e i romanzi di Dostoevskij conferiscono un contenuto concreto a tale categoria, influenzando appunto Jorge Mario Bergoglio.
In Appendice al volume raccogliamo anche alcune delle recensioni, pubblicate nel corso degli anni, che riguardano l’opera dostoevskiana. Particolarmente interessanti sono quelle dei volumi di Berdjajev, Zander, Hessen e Raudive che cercano di descrivere – compiendo tentativi robusti e articolati – lo spirito dello scrittore russo, dal punto di vista teologico ed etico. Da notare pure una riflessione su un’edizione de Il sosia e sull’Epistolario, che di recente in Italia è apparso in una nuova edizione.
Consegniamo queste pagine ai nostri lettori con la speranza che la meditazione che La Civiltà Cattolica ha compiuto nel tempo possa far maturare in loro – anche in occasione del bicentenario – il desiderio di riprendere in mano le pagine di Dostoevskij, scrittore, profeta e uomo di fede.