
Oltre 122,6 milioni di persone al mondo sono costrette alla migrazione forzata a causa di guerre, violazioni dei diritti, persecuzioni, disuguaglianze e crisi climatiche. Tutto questo mentre «la dislocazione del diritto di asilo, la colpevolizzazione dei processi migratori e l’esternalizzazione delle politiche di contrasto al fenomeno, affidata a Stati terzi – tra i quali figurano Paesi non sicuri e in cui vengono violati i diritti umani – rendono le rotte verso l’Europa sempre più pericolose e potenzialmente letali; viaggi disperati in balìa di aguzzini che ingrossano le fila delle reti del traffico e dello sfruttamento di esseri umani, alimentate da accordi scellerati, che hanno come conseguenza quella di rendere le persone sempre più vulnerabili».
A fare il punto sulle condizioni di vita di migranti, rifugiati e richiedenti asilo e su come stanno cambiando le politiche migratorie è il nuovo Rapporto annuale del Centro Astalli, presentato nei giorni scorsi a Roma. La ventiquattresima edizione dello studio presenta le attività realizzate nel 2024 – grazie a oltre 800 volontari – a favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati che si sono rivolti alle sedi di Roma, Bologna, Catania, Grumo Nevano, Vicenza, Padova, Palermo e Trento del Centro Astalli. «Si tratta di un numero importante di persone, circa 11mila a Roma e altre 13mila se consideriamo tutto il territorio nazionale, per un totale di circa 24mila persone», ha affermato p. Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli durante la presentazione dei dati.
Il 2024, un anno «impazzito» e attraversato da «policrisi»
L’anno di riferimento del rapporto, scrive Ripamonti nell’introduzione, è stato «particolarmente difficile, attraversato da policrisi, “impazzito”, se prendiamo in prestito una definizione – certo non geopolitica – usata da qualche leader e commentatore». Sono andati al voto 76 Paesi – tra cui Russia, India e Stati Uniti – ovvero il 51% della popolazione mondiale, mentre sono proseguite le escalation dei conflitti che ancora oggi infiammano il pianeta. Un quadro che fa da «sfondo al fenomeno della mobilità umana forzata che, secondo i dati dell’Unhcr, a giugno riguardava oltre 122 milioni di persone, con un aumento di circa il 10% rispetto all’anno precedente (un numero in continua crescita da 12 anni a questa parte), in particolare a causa delle crisi in Sud Sudan e Ucraina», aggiunge p. Ripamonti nell’introduzione del rapporto.
In Italia, l’accesso alla protezione sempre più ristretto
Secondo quanto riportato dal Centro Astalli nel Rapporto, il diritto di asilo in Italia ha subito ulteriori restrizioni, segnando un anno particolarmente complesso. «Le politiche migratorie e gli atteggiamenti prevalenti verso i migranti, sia in Italia che in Europa, hanno determinato una progressiva esclusione dei richiedenti asilo e dei rifugiati dall’esercizio di diritti fondamentali – spiega il Centro Astalli -. Le politiche messe in atto, tra azioni dirette e omissioni, hanno contribuito a privarli di diritti e protezione, relegandoli a una condizione di subalternità e, in molti casi, di vera e propria inferiorità sociale. Omissioni silenziose e quotidiane, che ledono i loro diritti, causando nei casi più gravi la caduta delle persone nell’irregolarità».
L’abrogazione della protezione speciale legata ai requisiti di integrazione lavorativa e di vita privata e familiare, si legge nel rapporto, «ha lasciato migliaia di persone senza tutele e senza la possibilità di proseguire e consolidare un percorso dignitoso di inclusione. Il servizio di orientamento legale del Centro Astalli si è trovato a supportare 517 persone, tra le quali molte con permessi in scadenza e senza possibilità di rinnovo. A Catania sono state 965 le persone accompagnate nell’iter burocratico della procedura di asilo, 525 a Trento».
Nonostante nel corso del 2024 si sia registrata una riduzione degli arrivi di migranti via mare, coloro che si sono rivolti al Centro Astalli avevano spesso necessità immediate di sopravvivenza, legate a bisogni primari come cibo e salute, diretta conseguenza delle difficoltà di accesso da parte di molti al circuito dell’accoglienza istituzionale. «La percentuale di richiedenti asilo è, infatti, aumentata in quasi tutti i servizi, in particolare all’accettazione e alla mensa – spiega il Centro Astalli -, dove ha sfiorato la metà dell’utenza complessiva. L’alto numero di pasti distribuiti alla mensa di Via degli Astalli (65.581) conferma il persistere di uno stato di precarietà e fragilità che, a differenza del 2023, ha colpito maggiormente anche le fasce d’età tra i 30 e i 60 anni, a indicare una crescente difficoltà nel consolidare percorsi di autonomia anche per chi è in Italia da più tempo». Aumenta sensibilmente anche la presenza femminile tra quanti si sono rivolti al SaMiFo, Struttura Sanitaria a valenza regionale nata dalla collaborazione tra la ASL Roma 1 e il Centro Astalli, «così come c’è stato un importante aumento delle visite psichiatriche da 875 a 1.283 a fronte di soli 33 utenti in più. Più persone e più fragili».

Detenzione arbitrarie e «deportabilità», ostacoli alla speranza di una vita migliore
Il 2024 è stato l’anno del Patto sulla migrazione e l’asilo, adottato dal Consiglio Europeo lo scorso maggio. «Come in più occasioni sottolineato dalla società civile e con documenti congiunti dall’Ufficio europeo del Jrs – ha spiegato p. Ripamonti, durante la presentazione del rapporto -, l’implementazione di questo Patto può portare, tra le altre cose, a un arretramento del diritto d’asilo, per l’aumento previsto delle procedure accelerate alla frontiera e un conseguente possibile aumento del numero delle persone detenute in modo arbitrario».
Per l’Italia, poi, il 2024 è stato l’anno del braccio di ferro sui centri in Albania, ha aggiunto p. Ripamonti. «Al di là delle polemiche, quello che ci preoccupa è la creazione di un artificio legale, quello di centri in terra albanese sotto la giurisdizione italiana – ha chiarito il presidente del Centro Astalli -. Per fare questo si è sostenuto il principio di deportabilità delle persone, rispetto alle quali si è persa di vista la centralità della loro dignità, trattandole come carichi residuali non desiderati. Non convince neppure la recente decisione di convertire queste strutture in Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Negli anni queste strutture di detenzione amministrativa hanno evidenziato tutti i loro limiti sul territorio italiano e la poca funzionalità della detenzione in vista del rimpatrio. Non crediamo che l’utilizzo a tale scopo delle strutture in Albania possa migliorarne la funzionalità in vista del rimpatrio delle persone detenute e garantire nel contempo il rispetto dei diritti dei migranti trattenuti».
A preoccupare è anche la mancanza di una riflessione sui percorsi di accoglienza. «In oltre 40 anni di attività il Centro Astalli ha sperimentato varie tipologie di accoglienza, trovando preferibile declinare il termine al plurale: accoglienze – ha aggiunto p. Ripamonti -. Attualmente, pur nella riduzione dei numeri generali degli arrivi, non si sta portando avanti una riflessione vera sul modo migliore per accogliere e accompagnare i beneficiari di protezione internazionale. Il sistema sembra cristallizzato».

Costruire comunità in cui giovani e migranti siano insieme protagonisti
In questo scenario, il Centro Astalli ha intensificato le sue attività di sensibilizzazione e di advocacy per denunciare le violazioni dei diritti e promuovere politiche più umane e inclusive. La collaborazione con gli uffici internazionali ed europei del Jesuit Refugee Service (JRS) è diventata ancora più preziosa in questo ambito. Il Centro Astalli, infine, ha continuato a lavorare con le scuole superiori. Nei progetti di sensibilizzazione sul diritto di asilo e sul dialogo interreligioso, realizzati in più di 250 istituti scolastici di 18 città italiane, sono stati coinvolti 38.700 studenti e studentesse. «Un numero – spiega il Centro Astalli – che incoraggia e motiva nella costruzione di comunità in cui giovani italiani e migranti siano insieme protagonisti».