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A 100 anni dalla nascita e a quattro dalla morte del cardinale Achille Silvestrini, Emma Fattorini ci offre questo libro davvero originale, che ci aiuta a riprendere e continuare la conversazione feconda e il rapporto cordiale e sincero con lui. Non è propriamente né una biografia di «don Achille» (come voleva essere chiamato), né un saggio di storia.
Nell’Introduzione, l’A. ci spiega come e perché è nata quest’opera. La base è «una serie di interviste realizzate nel tempo: era quasi una consuetudine con don Achille quella di registrare dalla sua voce commenti, bilanci, racconti, e prevalentemente ricordi, che io trascrivevo e lui rileggeva e correggeva» (p. 5). Ma l’A. è ordinaria di Storia contemporanea alla Sapienza, quindi contestualizza le memorie del cardinale nelle vicende italiane, della Chiesa e del mondo nel corso di un secolo intero, «secondo un filo narrativo, il mio, decisamente soggettivo e, in qualche modo, anche generazionale» (p. 6).
Ripercorriamo così il tempo della giovinezza in Romagna, il trasferimento a Roma e l’inizio del servizio in Segreteria di Stato nel 1953. Allora avviene l’incontro fondamentale con Domenico Tardini: «Da lui appresi lo stile e lo scopo ultimo della diplomazia: un servizio alla vita della Chiesa, all’evangelizzazione, alla pace, all’intesa fra i popoli e all’elevazione delle nazioni più povere». Non solo, ma da lui don Achille eredita anche la feconda e originale realtà formativa di Villa Nazareth, a cui si dedicherà con passione fino al termine della vita. Il racconto continua con l’inizio della distensione sul piano internazionale, la destalinizzazione, la Pacem in terris di Giovanni XXIII, e quindi con l’Ostpolitik di Paolo VI e Casaroli, di cui Silvestrini sarà a lungo il principale collaboratore.
Le memorie di don Achille ci portano al cuore delle vicende e delle motivazioni della Ostpolitik e poi degli Accordi di Helsinki del 1975, con il riconoscimento del principio della libertà religiosa, che ebbe effetti profondi di lungo periodo per la crisi dei sistemi comunisti. Questo è il tratto saliente dell’azione diplomatica di Silvestrini a livello internazionale. L’altro tratto saliente, sul versante italiano, sarà invece quello del negoziato per la revisione del Concordato, che si prolungherà dal 1976 fino al 1985. Fattorini racconta bene questa vicenda, mettendo anche in rilievo il grande spessore del rapporto umano, di stima e fiducia reciproca, stabilito dal cardinale con il socialista Gennaro Acquaviva e il comunista Paolo Bufalini, e conclude: «Il nuovo Concordato rispondeva, in ultima analisi, allo spirito di ciò che aveva mosso tutta l’azione della diplomazia casaroliana e di cui Silvestrini si sentiva geloso custode; la libertà religiosa non è un attentato alla laicità dello Stato, ma la sua più perfetta realizzazione» (p. 223).
Anche nel periodo successivo, dopo la creazione cardinalizia e la parentesi triennale alla Segnatura apostolica, una volta divenuto Prefetto della Congregazione delle Chiese orientali, Silvestrini si dedicherà con impegno al suo compito, in particolare nella complessa situazione del mondo post-comunista.
Molto interessante è leggere il rapporto fra lui e i diversi Papi della sua lunga vita e dei suoi 50 anni di servizio vaticano. Si coglie sempre la sua piena fedeltà e il profondo rispetto per i Pontefici, che porta a un grande equilibrio nella valutazione del loro operato e delle loro figure. Queste assumono forte concretezza nel vivo delle vicende storiche in cui sono coinvolte e che l’A. evoca con vivacità, senza far mistero delle proprie personali prospettive.
Naturalmente in queste pagine non c’è «tutto» don Achille. Ma la ricchezza dei suoi rapporti umani e sacerdotali affiora a varie riprese, per l’ampiezza della rete del suo dialogo e delle sue amicizie. L’A. osserva come «a partire dagli anni Novanta era diventato un sacerdote di riferimento di quella generazione, orfana della “diversità” comunista e del definitivo crollo delle ideologie novecentesche; interlocutore attento, accogliente, generoso e disinteressato, rispettandone la storia con partecipe curiosità […]. Don Achille strinse amicizie con uomini e donne “in ricerca”: intellettuali dubbiosi, politici delusi, artisti alla ricerca della fede» (p. 213).
Da parte nostra, riteniamo che, per un lungo periodo alla fine del Novecento e all’inizio del Duemila, il personaggio «vaticano» più presente al mondo della cultura e dell’impegno sociale e politico in Italia, non solo per la sua autorevolezza, ma ancor più per la sua autenticità umana, la cordialità e capacità di ascolto, sia stato il cardinale Silvestrini. L’A. ci fa capire bene da quali disposizioni umane e cristiane sia stata animata non solo la sua opera diplomatica, ma tutta la sua vita.