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Dal 7 ottobre 2023, Israele-Palestina e i Paesi limitrofi sono stati inghiottiti da una nuova ondata di violenza e sofferenza. In questo cupo panorama, appare una luce: quella del dissenso presente nella società ebraica, sia pure ai suoi margini, che si oppone alla guerra e alla distruzione di Gaza. Sin dalla fondazione dello Stato di Israele e dalla genesi della catastrofe palestinese (Nakbah)nel 1948, alcune voci ebraiche chiaroveggenti hanno messo in guardia dal pericolo che il nazionalismo ebraico (sionismo) diventasse suprematista e disumano. Questo libro di Peter Beinart è un manifesto coraggioso, stimolante e profetico.
In un’intervista, l’A. ha spiegato: «L’ho scritto per la mia comunità […]. Vivo in un mondo ebraico piuttosto tradizionale. E ho la sensazione che in molti spazi ebraici esista una sorta di patologia, diffusa tra persone che sotto altri aspetti della loro vita sono umane e premurose. Eppure, quando si tratta della questione di Gaza e, più in generale, della questione dei palestinesi e del loro diritto alla libertà, cala un paraocchi collettivo» (www.theguardian.com/world/ng-interactive/2025/jan/27/israel-gaza-us-jews-peter-beinart). Beinart ha già scritto in passato su argomenti come il sionismo e Israele, in particolare in The Crisis of Zionism, del 2012. Tuttavia, da allora la sua posizione si è evoluta, conducendolo dal sostegno al sionismo liberale a un approccio più critico.
Il libro inizia con una lettera toccante dell’A. a un «ex amico». A infrangere la loro amicizia non sono stati il massacro e il rapimento di centinaia di israeliani del 7 ottobre 2023: le brutalità commesse quel giorno hanno sconvolto entrambi. A dividerli, piuttosto, è stato ciò che ha preceduto il 7 ottobre e ciò che è avvenuto immediatamente dopo. A differenza del suo «ex amico», Beinart è consapevole che quell’aggressione era stata preceduta da decenni di occupazione israeliana e di discriminazione contro i palestinesi, così come si rende conto che la campagna militare israeliana contro la Striscia di Gaza in futuro porterà solo a maggiore violenza.
L’A. ritiene che la sua identità di ebreo sia sempre più compromessa dal trattamento che il governo israeliano riserva ai palestinesi. Si tratta di una presa di coscienza dolorosa, perché nel corso del XX secolo, e soprattutto dopo la Shoah, gli ebrei sono stati incoraggiati a riporre la loro fede nel sionismo e in Israele, che promettevano loro sicurezza in uno Stato ebraico. «Dalla distruzione del Secondo Tempio all’espulsione dalla Spagna e all’Olocausto – afferma l’A. –, gli ebrei hanno raccontato nuove storie per replicare agli orrori che abbiamo sopportato. Ora dobbiamo raccontare una nuova storia per rispondere all’orrore che ha perpetrato un Paese ebraico, con il sostegno di molti ebrei in tutto il mondo» (p. 10). La nuova narrazione è molto diversa da quelle antiche: «Abbiamo bisogno di una nuova storia, basata sull’uguaglianza piuttosto che sulla supremazia, perché quella attuale non mette in pericolo solo i palestinesi. Mette in pericolo noi» (ivi).
Questo libro si inserisce nella vasta biblioteca del pensiero ebraico contemporaneo. Per i lettori cattolici può rappresentare un affascinante incontro con tale pensiero in un momento di crisi del dialogo ebraico-cattolico, sessant’anni dopo la Nostra aetate. L’A., nonostante tutto, si permette la speranza: «Immaginate se questa storia di Palestina e Israele, che ora è una storia di orrore incredibile, di genocidio, di apartheid, fosse invece una storia di liberazione collettiva. In cuor mio, credo davvero che ebrei israeliani e palestinesi potrebbero vivere insieme in piena uguaglianza, con un genuino processo di riconciliazione e un pieno ritorno dei rifugiati, e che una tale giustizia storica scatenerebbe qualcosa di miracoloso per le persone in tutto il mondo. Riuscirò a vederlo realizzato? Non ne ho idea. Ma il sogno è questo» (ivi).
Beinart, come papa Francesco, attinge speranza dalla tradizione dell’Anno giubilare: «Essa non parla solo di Dio che ci libera dall’essere schiavi. Parla di Dio che ci libera dall’essere padroni. Quando descrive l’anno giubilare […], il libro del Levitico dichiara: “Proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti” (Lv 25,10)».