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Grande la forza di donne che da sempre simboleggiano l’incontro, l’ascolto, il mettersi in cammino, in risposta al Signore! I secoli trascorsi sembrerebbero additare un femminile non subalterno, che si pone in evidenza nelle vicende più significative della storia del cristianesimo, e la «bella, immortale, benefica fede», celebrata anche poeticamente nei suoi trionfi, emerge nella loro coraggiosa scelta di vita, nella libertà più gioiosa.
L’intento che anima le pagine di questo libro di Sabina Caligiani è di celebrare questi due personaggi femminili: esse sono «chiare» come il nome che portano, limpide e trasparenti come l’acqua, e luminose, in quella scia di luce che emanano e che percorre i secoli, fino a noi.
La povertà, male di ogni tempo, così tristemente attuale, è protagonista in queste pagine. È l’«altissima povertà» che fu voluta dalla santa d’Assisi come via di perfezione, vissuta e accolta nella carità verso gli ultimi e condivisa da Chiara Lubich, anche nella promozione di un’«economia di comunione» a favore del bene comune, in difesa dei diritti e della dignità delle persone più svantaggiate.
L’unità nella diversità, oggi invocata e auspicata in una fraternità che si allarghi fino a comprendere l’intera umanità e l’intera creazione, costituisce il punto di forza del libro, che collega in un fil rouge le due Chiare nel tempo e nello spazio. Esse riprendono lo spirito di san Francesco, che lo portava a vedere in ogni creatura dei fratelli e delle sorelle, doni, tutti, usciti dalle mani di Dio, Creatore buono.
Nel libro non si parla solo di donne, ma anche di uomini. Come santa Chiara è legata a san Francesco, anche Chiara Lubich si appoggia a Igino Giordani e accetta nel suo Movimento laici e sacerdoti. È questo un femminismo ben inteso: uomini e donne, nella reciprocità e nello scambio, possono costituire insieme una comunità umana intraprendente.
E un altro Francesco aleggia in queste pagine: è papa Francesco, che rende attuale il carisma del Santo umbro nell’attenzione costante alle povertà del nostro tempo e nel continuo richiamo alla pace. È interessante collegare il viaggio di Francesco d’Assisi presso il sultano musulmano con i dialoghi di papa Francesco con gli esponenti di tutte le religioni, per porre in luce la presenza dell’elemento comune a tutte le forme di spiritualità: l’apertura del divino che, pur declinato in modi diversi, può avviare un dialogo che consenta la pace fra i popoli.
E le due Chiare sono sorelle di pace; e di pace parla in questo libro in modo particolare Margaret Karram, cattolica, presidente dei Focolari. Palestinese, nata ad Haifa nello Stato di Israele, teatro di un conflitto che si perpetua nel tempo, la sua presenza nel Movimento può essere letta come una profezia, dove ciò che è distante può avvicinarsi, come lei stessa afferma, comprendendo molto bene quanto siano essenziali il dialogo e la pace. Gli esseri umani progrediscono nella convivenza senza conflitti e violenze.
In uno scenario di guerra, con il suo carico di distruzioni e di sofferenze inaudite, è fiorita la storia di Chiara Lubich; anche Chiara d’Assisi visse lotte fratricide che avvenivano nella nelle regioni dell’Italia centrale del suo tempo e ne subì i disagi insieme alla sua nobile famiglia.
Donna di pace e di speranza, Maria di Nazaret, animata dalla gioia del suo fiat, apre le prime pagine del libro e lo chiude con il suo Stabat Mater. La Madre, in piedi sotto la croce, accanto al Figlio «povero e abbandonato», diviene fondamentale punto di riferimento e di forza delle due Chiare nel vivere la fede con un’autentica speranza cristiana. Chiara Lubich scriveva: «Nel suo Stabat il mio stare, nel suo Stabat il mio andare…».