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Come vivevano le prime comunità cristiane? E la ricerca più recente sul cristianesimo dei primi tre secoli che cosa può dire ai credenti dei nostri giorni? A queste domande ha cercato di rispondere in questo libro Marie-Françoise Baslez, docente di Storia delle religioni antiche a Parigi, recentemente scomparsa. Una ricerca che attinge dagli studi patristici, dalle Scritture e da altre fonti testuali, nonché dall’archeologia.
L’A. propone un modo di leggere e di elaborare la documentazione disponibile che non tiene conto solo dei contenuti, ma anche delle tecniche e delle modalità di scrittura, in quanto «rivelatori di una pastorale in cui prevaleva la preoccupazione della comunicazione» (p. 9). In questo senso il libro ci propone una Chiesa delle origini vista a partire dalle modalità dell’evangelizzazione piuttosto che dalla sua struttura istituzionale e dottrinale.
La parola chiave che ci fa entrare in questo mondo antico è oîkos, il termine usato da Paolo, e da Luca negli Atti, per definire la «casa», il nucleo familiare che vive sotto lo stresso tetto e che è la prima identità della Chiesa. La Chiesa domestica costituisce il cuore del cristianesimo del I secolo, a cui può corrispondere una comunità che si identifica con un gruppo familiare plurigenerazionale (schiavi compresi), o l’edificio principale in cui i battezzati avevano modo di riunirsi, come nel caso di Filemone (cfr Fm 1,2), di Aquila e Prisca (cfr 1 Cor 16,19), o di Ninfa (cfr Col 4,15), a riprova che l’apostolato di Paolo non «mirava alle conversioni di massa, ma piuttosto alla fondazione di comunità stabili, anche se poco numerose» (p. 22).
La casa era il luogo dove si celebrava fraternamente la frazione del pane e si ascoltava la Parola. La realtà delle Chiese domestiche, inoltre, ridimensiona l’idea di una «Chiesa sotterranea» e consente all’A. di rileggere la dinamica presenza cristiana all’interno dell’Impero romano, nonostante le ostilità (circonstanziate e locali) e le persecuzioni (a partire dal 250).
Anche l’archeologia ha sfatato il mito delle catacombe come luoghi di raduno e di celebrazioni, come pure di nascondigli, mentre la necessità di dare degna sepoltura a tutti i battezzati, anche ai più poveri, ci rivela una Chiesa che dalla metà del II secolo è riconosciuta moralmente e giuridicamente, rappresentata dai suoi vescovi, in grado di «ricevere donazioni e di gestire beni collettivi come i terreni dei cosiddetti cimiteri» (p. 52).
Nel terzo capitolo, dedicato al ruolo della donna nella Chiesa dei primi tre secoli, l’A. ricorda la partecipazione di importanti figure femminili all’evangelizzazione dell’Oriente romano. Donne indipendenti anche economicamente, come Lidia e Febe: la prima, fondatrice di una Chiesa a dimensione familiare; la seconda, latrice della lettera ai Romani.
Un ruolo rilevante è quello delle donne del I secolo, che però gradatamente si è ridotto proprio con la progressiva scomparsa delle Chiese a dimensione familiare: «Nel terzo secolo, le cristiane uscirono di casa per recarsi alla casa comune, poi alla chiesa in un altro contesto di predicazione e di celebrazione che richiedeva la scorta del loro kyrios» (p. 76).
Il libro offre approfondimenti originali sulla questione della schiavitù, mettendo in evidenza la forza del Vangelo vissuto nel gruppo familiare cristiano per abbattere le discriminazioni, e sulla capacità delle Chiese antiche di «fare rete» sia per comunicare tra loro sia per esprimere solidarietà verso le comunità in difficoltà.
La parte finale del libro è dedicata al momento della svolta costantiniana, con la fine delle persecuzioni e il passaggio a una Chiesa «a misura di città», e non più «a dimensione familiare». Un passaggio tuttavia graduale, tenuto conto che da molte Chiese a dimensione familiare provenivano dinastie di vescovi, secondo «il principio di ereditarietà, che era la regola anche sotto l’Impero per le magistrature municipali» (p. 192). In questo senso, ancora nel IV secolo i vescovi perpetuavano la figura del padre di famiglia e capo del nucleo familiare. In seguito, un rischio di secolarizzazione «portò a promuovere il celibato dei vescovi, almeno per i vedovi» (p. 193).