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«Un ritratto tragico di un mondo che sta sparendo, scritto da Janine di Giovanni con grande passione e grazia»: con queste parole Salman Rushdie commentava l’ultimo libro della giornalista di Giovanni. In queste pagine l’A. accompagna il lettore alla scoperta delle tracce delle comunità cristiane che, faticosamente, sopravvivono nelle terre degli antichi profeti. Con empatia e rispetto verso le tante persone incontrate, di Giovanni scrive un racconto coinvolgente, capace di coniugare le sue vicende personali con il racconto dei drammi dei popoli, delle donne e degli uomini che intervista.
Il libro ha una struttura semplice. Alcune mappe e una cronologia aprono il testo, seguiti dall’Introduzione, nella quale l’A. accenna anche alla sua storia di famiglia. È il 19 marzo 2020 quando il libro prende avvio con un chiaro obiettivo: «Ho cominciato questo libro per capire come i cristiani del Medio Oriente, luogo di nascita del Cristianesimo, sono sopravvissuti nella più turbolenta delle epoche. In un certo senso, è diventato un libro su come le persone pregano per sopravvivere alle loro epoche più turbolente» (p. 49). Infatti, oltre il 90 per cento delle persone che vivono in Medio Oriente oggi si dicono musulmane. In particolare, da quando l’Isis ha invaso interi paesi, i cristiani sono stati costretti a emigrare, ad affrontare dure discriminazioni, fino quasi a estinguersi.
Ed è così che il lettore viene posto in contatto con la dura realtà dei cristiani in Iraq, a cui è dedicato il primo capitolo, che copre un arco di tempo piuttosto lungo (2002-19). Nel 2003, quando era in programma l’invasione americana, «nessuno voleva pensare al futuro» (p. 59), annota la giornalista, mettendo in luce la condizione di incertezza e i timori diffusi tra gli iracheni al tempo di Saddam. Un racconto che narra vicende di lunghi e dolorosi anni, durante i quali la presenza dei cristiani si è drasticamente ridotta.
Segue un capitolo dedicato a Gaza. Le vicende storico-politiche narrate sono quantomai significative per comprendere la situazione dei nostri giorni. Tra tutte le comunità visitate dall’A., quella della Striscia di Gaza sembra vivere la situazione più precaria. Negli anni della presente inchiesta si registravano meno di 1.100 cristiani, e il loro numero decresceva rapidamente.
Il terzo capitolo è dedicato alla Siria degli anni 2011-20. Lo sguardo si fa attento alle diverse tradizioni cristiane e alla loro storia. Soprattutto emerge la bellezza delle comunità tolleranti di Maalula, città soggetta a un rapido mutamento a seguito dei conflitti. Lo scoppio della guerra del 2011 in queste terre portò a «un’ascesa dell’Islam politico che non solo rende più pericolosa la vita dei cristiani siriani, ma per alcuni, soprattutto nel nordest del paese, minaccia l’estinzione» (p. 219).
L’inchiesta prosegue con un capitolo dedicato ai cristiani in Egitto, visitato tra il 2019 e il 2020. Emerge ancora una volta la drammatica verità della persecuzione: «A volte non si tratta nemmeno di aggressioni dirette. Non hanno bisogno di tirarti una bomba. Riescono a farti sentire che appartieni a una casta inferiore»: queste le parole di un testimone (p. 248).
Ed è così che si giunge alle conclusioni del testo, con una splendida testimonianza dell’A.: «Quasi tutti i cristiani che ho intervistato per questo libro hanno usato più e più volte la stessa parola, in diverse lingue, per spiegare perché continuano a credere, malgrado, malgrado, malgrado: per amore, hanno detto» (p. 322).
In definitiva, siamo di fronte a «un libro sulle comunità morenti, ma è anche un libro sulla fede» di queste comunità, che, «per molti versi, è più potente di tutti gli eserciti che ho visto impegnati a distruggerle» (p. 323).